Territorio

La città

Modena

La colonia romana di Mutina venne fondata nel 183 a.C. sul luogo di precedenti insediamenti preistorici. Ben presto la città divenne grande e ricca, ma gli ultimi secoli prima della caduta dell’Impero romano furono per Modena un periodo di sostanziale decadenza, benché fu proprio in questo periodo che fu vescovo Geminiano, morto il 31 gennaio 397, oggi giorno di festa per la città e Santo Patrono. La rinascita si ebbe verso l’anno Mille. Il 9 giugno 1099 iniziarono i lavori di costruzione della nuova Cattedrale romanica; Nel 1289 comincia il secolare rapporto tra la città e la famiglia d’Este. I primi anni non furono pacifici, tanto che i signori di Ferrara furono sostituiti dal feroce tiranno Passerino Bonacolsi (1312), colui che condusse la vittoriosa guerra con Bologna il cui simbolo è la nota Secchia rapita (battaglia di Zappolino). Dalla metà del XIV secolo l’autorità estense fu comunque riaffermata definitivamente.

Quello rinascimentale fu per Modena un periodo molto florido dal punto di vista artistico e culturale, di cui ancora oggi il centro storico porta testimonianza.  Quando, nel 1598, il Duca di Ferrara Cesare I venne costretto dal Papato ad abbandonare la città, ecco la svolta per Modena, che diventò – rimanendolo sino al 1859 – la capitale dei domini estensi. Uno stato, quello del Ducato di Modena, che si estese nel corso del tempo fino a Reggio Emilia e al Tirreno, in una posizione strategica per i traffici. Comincia così la lunga storia di Modena capitale, sede di una corte di livello europeo: si giustificano così i grandi lavori di rinnovamento edilizio, gli illustri personaggi ospitati in città, lo splendore artistico dei suoi palazzi e delle sue chiese.. Cacciati definitivamente i Duchi nel 1859 a seguito dei moti rivoluzionari del Risorgimento, Modena entrò definitivamente nel nuovo Regno d’Italia. Modena è famosa nel mondo soprattutto per il belcanto di Luciano Pavarotti, per la tradizione motoristica (Ferrari, Maserati), per le eccellenze culinarie e per il suo Duomo che dal 1997 è Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

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I sapori

Il cibo

Modena è tradizione e anche la provincia italiana più ricca di prodotti a denominazione di origine DOP e IGP:

Aceto Balsamico Tradizionale Di Modena Dop, Parmigiano-Reggiano Dop, Lambrusco Grasparossa Di Castelvetro Dop, Lambrusco Di Sorbara Dop, Lambrusco Salamino Di Santa Croce Dop, Lambrusco Modena Dop, Prosciutto Di Modena Dop, Zampone Di Modena Igp, Cotechino Di Modena Igp

Il primo piatto simbolo delle tavole modenesi è senza dubbio il tortellino, lo squisito ombelico di pasta sfoglia ripieno di carne che si mangia col cucchiaio, immerso nel brodo. Se di maggiori dimensioni, si parla di tortelloni, generalmente ripieni di spinaci e ricotta, conditi col burro sciolto e la salvia.

Tra i secondi piatti della cucina modenese troneggiano gli insaccati. Il cotechino, servito con lenticchie e purè, cotto lesso, cela all’interno della budella animale un ricco ripieno di carne tritata (parti nobili del maiale e cotenna con spezie ed erbe aromatiche). Simile al cotechino, ma dal gusto più deciso e con le caratteristiche unghie del maiale, è l’altrettanto tradizionale zampone – avvolto però direttamente nella zampa anteriore. Nessun modenese può dire di non aver mai cenato a ‘gnocco e tigelle’.

Lo gnocco fritto è un’eccezionale goloseria: un impasto di acqua, farina e strutto viene fritto, preferibilmente nello strutto, sì da farlo gonfiare, eppoi servito bollente con salumi, lardo, formaggi e anche marmellate. Solitamente viene ordinato assieme alle crescentine (o comunemente dette tigelle), dischetti di un pane particolare, cotti secondo la tradizione tra piastre roventi (da cui il nome): da tagliare e riempire con le stesse farciture del gnocco.

Le coltivazioni

Vigneti

I circa 380 soci della cantina coltivano sapientemente le loro uve su una superficie complessiva di oltre 600 ettari di vigneti, localizzati nei terreni asciutti dell’alta pianura e della collina modenesi, aree dominate da ville signorili e antichi castelli, dove lo sfondo degli Appennini, su cui si staglia il Monte Cimone, fa da cornice ad un dolce paesaggio di rara bellezza. Il 70% dell’uva conferita nel moderno stabilimento di Corlo di Formigine è Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC, di cui la cantina ne rappresenta il maggiore produttore, essendo in piena zona di origine di questo vitigno autoctono. Questo vitigno di non grande vigoria vegetativa, ha una particolare caratteristica: in autunno si arrossano non solo le foglie, ma anche raspo e pedicelli. Il grappolo è spargolo a forma conica, di media lunghezza, con acini sferoidali, di colore blu scuro o nerastro, pruinosi, con buccia consistente e polpa mediamente succosa, dolce, lievemente acidula. Sopporta facilmente le avversità, anche climatiche, e matura relativamente tardi, dopo aver carpito anche gli ultimi raggi del sole autunnale. Nella zona collinare vera e propria, i terreni di superficie sono poco permeabili, molto “magri” e di coltivazione laboriosa, perché costituiti per lo più da argille sabbiose o marnose e da argille scagliose inglobanti blocchi calcarei di ogni dimensione. E’ proprio in queste zone che il Lambrusco Grasparossa riesce a dare produzioni meno abbondanti, ma di grande qualità.

Nella zona sub-collinare i terreni sono invece costituiti da limi e sabbie limose su un fondo di ghiaie, ed offrono pertanto una buona permeabilità. In queste terre, il Lambrusco Grasparossa fornisce una produzione più abbondante, ma con caratteristiche non molto diverse da quelle del Lambrusco coltivato in collina. Di colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei e spuma evanescente con orli della medesima tonalità, ha profumo vinoso, intenso, fruttato, fragrante, complesso, che ricorda anche l’aroma dell’uva. Di sapore sapido, armonico, gradevolmente vinoso, di equilibrata acidità, leggermente fruttato, con piacevole retrogusto amarognolo. Tra i tipi di Lambrusco D.O.P. è quello con corpo più pieno e presente. Si abbina splendidamente ai primi piatti conditi con carne, paste al forno, arrosti, salumi, formaggi anche a pasta fermentata e più in generale con tutti i primi tradizionali della cucina emiliana.

Rilevante anche la produzione di Lambrusco di Sorbara DOC, il lambrusco caratterizzato dalla cosiddetta acinellatura (i chicci rimangono del diametro di pochi millimetri) che rende questo vitigno pressochè unico e pregiato. Per facilitare la fecondazione il Sorbara viene coltivato con una certa percentuale di Lambrusco Salamino. Il terreno della zona classica, incuneata tra i fiumi Secchia e Panaro, si è formato come conseguenza dell’alluvione dei due fiumi ed è a fondo prevalentemente sciolto e sabbioso, permeabile e ricco di potassio. Ha colore rosso rubino chiaro, con spuma leggermente rosea. Il profumo è fresco, molto fine, con spiccata nota di violetta. Di sapore delicato, sapido, leggermente fruttato e caratterizzato da un’elevata acidità. Tra gli altri lambruschi prodotti: Lambrusco Salamino, Lambrusco Maestri, Lambrusco Marani. Tra le uve a bacca nera da citare anche il Malbo Gentile, o più comunemente detto “Amabile di Genova”. E’ una vite che preferisce in particolare i terreni magri e trova quindi il suo habitat naturale soprattutto nella fascia pedecollinare e appenninica. Spesso utilizzato come vino da taglio per altri lambruschi, recentemente vinificato anche in purezza. Tra le uve a bacca bianca importante la presenza del Trebbiano modenese, del Pignoletto e della Malvasia aromatica. Rilevante anche la produzione biologica, prevalentemente Lambrusco Grasparossa, soprattutto in fascia pedecollinare. Un consolidato ed esperto gruppo di tecnici segue da vicino passo dopo passo ogni singolo socio durante tutto l’arco dell’anno, per garantire la massima qualità delle uve conferite in cantina.